USA: imposti dazi del 25% ai Paesi che acquistano petrolio o gas dal Venezuela

31 Marzo 2025

Introduzione

Con l’Executive Order 14245 del 24 marzo 2025, il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha annunciato l'imposizione di un dazio del 25% su tutte le importazioni provenienti da Paesi che acquistano petrolio o gas dal Venezuela.

Il nuovo dazio

Con lExecutive Order 14245 del 24 marzo 2025, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha annunciato l’imposizione di un dazio del 25% su tutte le importazioni provenienti da Paesi che acquistano petrolio dal Venezuela. Questa misura, denominata dallo stesso Presidente come “secondary tariff”, entrerà in vigore il 2 aprile 2025 e mira a esercitare ulteriore pressione sul governo venezuelano di Nicolás Maduro, già oggetto di sanzioni economiche da parte di Washington.

 

Trump ha giustificato l’adozione di questa misura sostenendo il presunto carattere “ostile” del regime di Nicolás Maduro nei confronti degli Stati Uniti, accusando il Venezuela di aver permesso l’ingresso negli USA di affiliati all’organizzazione criminale Tren de Aragua.

“Secondary tariff”: i Paesi coinvolti

Il presidente Trump ha utilizzato l’espressione “secondary tariff” per definire la nuova misura, sottolineando quindi l’impatto della stessa non solo sul Venezuela, ma su tutti i Paesi che portano avanti affari con il settore petrolifero venezuelano.

 

Il concetto di “dazi secondari” riprende la prassi già consolidata delle “sanzioni secondarie” che gli Stati Uniti impongono a entità e persone fisiche non statunitensi ritenute responsabili della violazione delle restrizioni adottate dagli Stati Uniti, anche in assenza di connessioni societarie e/o di controllo da parte di soggetti statunitensi. La declinazione in ambito tariffario del concetto di secondarietà delinea un meccanismo che mira ad abbattere i proventi che il Venezuela ottiene dall’esportazione di petrolio e derivati, disincentivandone l’acquisto da parte di altri Paesi. In concreto, il meccanismo si tradurrebbe nell’imposizione, da parte degli Stati Uniti, di tariffe aggiuntive o altre misure restrittive su beni e servizi provenienti da Paesi che continuano a importare petrolio venezuelano, colpendo così indirettamente le economie di quegli Stati e rendendo commercialmente svantaggioso il mantenimento di rapporti economici con Caracas.

 

La misura si inserisce in un contesto di già ampie sanzioni imposte dagli Stati Uniti nei confronti del Venezuela. Queste misure, adottate sulla base dell’International Economic Emergency Powers Act per fronteggiare l’emergenza nazionale dichiarata con l’Ordine Esecutivo (Executive Order) 13692 del 2015, comprendono restrizioni finanziarie, il congelamento di fondi e risorse economiche e il divieto di transazioni con entità chiave del settore pubblico, tra cui la compagnia petrolifera statale Petróleos de Venezuela (PDVSA). Inoltre, sono state imposte sanzioni settoriali che colpiscono specifici ambiti economici, come l’industria petrolifera e aurifera, al fine di limitare le principali fonti di reddito del Paese.

 

La nuova misura colpisce in particolare la Cina, che nel 2023 ha assorbito quasi il 70% delle esportazioni petrolifere del Venezuela. Altri Paesi potenzialmente colpiti dal provvedimento sono India, Spagna, Italia, Cuba, Russia, Malesia, Singapore e Repubblica Dominicana.

 

La Cina ha condannato l’iniziativa statunitense, definendola un’ingerenza nei propri affari interni e una violazione delle norme del commercio internazionale. Il governo cinese ha esortato gli Stati Uniti a ritirare le sanzioni e a promuovere la pace e la stabilità globale.

Implicazioni economiche

L’introduzione di questi dazi potrebbe avere ripercussioni significative sul mercato petrolifero globale, influenzando i prezzi del greggio e le dinamiche commerciali tra le nazioni coinvolte. Inoltre, l’inasprimento delle tensioni commerciali potrebbe aggravare la crisi economica in Venezuela, già fortemente dipendente dalle esportazioni di petrolio.

 

L’imposizione di dazi secondari è stata ipotizzata anche nei confronti di Paesi che acquistano petrolio dalla Russia. Lo scorso 30 marzo, infatti, Trump ha dichiarato l’intenzione di imporre tariffe secondarie, che potranno variare tra il 25% e il ​​50%, se riterrà che Mosca stia bloccando i suoi sforzi per porre fine alla guerra in Ucraina.